Ovvero My black week.
Giovedì 28 settembre. Ore16.30.
Il treno che mi riporta a Genova sta attraversando la stazione di Milano Lambrate.
È una bella giornata di sole, la temperatura è tiepida e i treni, per una volta, sembrano essere puntuali.
Mi accorgo che sono completamente vestita di nero e mi ritrovo un sorriso amaro sul viso, riflettendo su quanto l’inconscio si manifesti in noi.
A pensarci, infatti, a partire da domenica questi sono stati giorni che, per usare un elagnte eufemismo, definirei colmi di imprevisti. Altro che il venerdì nero di Wall Street…
Domenica sera io e il mio non fidanzato eravamo a casa mia, seduti sul pavimento della cucina nel tentativo poco professionale di smontare la mia lavatrice. In mattinata avevo avuto la brillante idea di fare il bucato ma nella fretta mi ero scordata di effettuare un’accurata selezione dei capi da lavare.
Durante l’ultima centrifuga un rumore di ferrame.
La scoperta che un ferretto era uscito da una cucitura di un reggiseno e, ancor peggio, che questo sciagurato non era rimasto nel cestello, ha causato l’improvvisato pavimento-party domenicale.
Il non fidanzato, che oltre a delle manine sante a mio avviso ha anche una gran dose di culo, è riuscito ad estrarre il ferretto ormai in prossimità del tubo di scarico, evitandomi penosi rimproveri verbali sostituiti però con chiarissime espressioni facciali.
Ciò che traspariva dal suo volto, in un monologo abilmente interrotto da epiteti poco lusinghieri rivolti alla lavatrice, era più o meno questo:
*Prima o poi ti uccido non fidanzata del cavolo, come si fa a mettere in lavatrice un coso di questo tipo??
*E ti pareva che questa è l’unica lavatrice senza filtro estraibile?
*Ma cosa ho fatto di male per passare la serata disteso su questo pavimento?
Dopo i Contrattempi di lunedì non avrei mai creduto di meritarmi un martedì sera così.
La giornata di lavoro era trascorsa tutto sommato tranquilla e il non fidanzato aveva deciso di dare un’altra possibilità alla non fidanzata sciagurata offrendosi gentilmente di venirmi a pretendere in ufficio per farmi rincasare ad un orario decente.
Giusto per preparami due cosine per il convegno del giorno seguente a Trento.
Dieci minuti di attesa (non di più perché persona puntuale io) e il Berlingo non ha più dato segni di vita.
Abbiamo passato l’ora successiva a spingere il furgone nel piazzale sopra l’ufficio sperando che ripartisse. Sono arrivata a casa quasi tre ore dopo, sudata e stanca più di quanto sarei stata se fossi andata a casa a piedi e con il volto del non fidanzato scuro e inferocito che sembrava urlare: Se mi parli ti mordo!!
Mercoledì il viaggio verso Trento stava andando alla perfezione. Il traffico scorrevole ci aveva permesso di imboccare l’autostrada del Brennero con largo anticipo rispetto all’appuntamento fissato.
Proprio mentre discutevamo placidamente di dove andare a comprare un ottimo strudel non appena avessimo varcato le porte della città, ci ha colte la maledizione delle golose.
Il tipico rumore di un elicottero che sorvolava l’autostrada ci ha catapultate in due core di coda
sotto il sole cocente.
L’unica cosa da fare era osservare la corsia di emergenza, nella quale lo sfilare dei mezzi di soccorso accrescevano sempre più l’ansia per ciò che doveva essere accaduto, e cercare di trattenere la pipì che ovviamente diventa impellente nei momenti meno opportuni.
Non credo di aver mai visto un tale dispiegamento simultaneo di mezzi in vita mia. Ho osservato passare un ambulanza seguita da un’ auto medica, due pattuglie di carabinieri, un furgone di segnalazione dell’autostrada, una gru, una ruspa e una macchina per la pulizia delle strade.
Quando la sera mi sono recata alla stazione e ho scoperto che il treno che avevo prenotato era uno dei credo tre in tutta italia che avevano confermato lo sciopero e quindi non c’era, ho riso di gusto perché di lacrime non ne avevo più.
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