Cara LadyD,
che sei a Londra e non ci sentiamo già da due settimane, anche se ti penso quotidianamente e vorrei tanto camminare con te lungo il Tamigi, di sera, guardando le bancarelle colorate come abbiamo fatto a dicembre. Che mi piacerebbe arrivare in quel locale tipicamente english in cui tu hai mangiato uova di quaglia e io il pudding ridendo e versando qualche lacrime perché a entrambe mancava il NonConvivente, anche se in modo diverso.
Tu, che mi conosci come le tue tasche e forse meglio di quanto mi conosca io, lo sai che non ti chiamo in questi giorni perché sono disarmata davanti al momento della vita che stai attraversando, e non so come aiutarti. Nemmeno un po’.
D’altra parte, come te la potrei raccontare questa settimana?
Potrei dirti che è stata una settimana complicata. Ho impiegato un paio di giorni a riprendermi dall’amarezza e dalle responsabilità che mi sento addosso ogni volta che torno a Salzan City. Perchè quando sono lì mi prende la sindrome di Giovanna d’Arco e mi dico che se, forse, fossi lì sarebbe tutto diverso. Magari i GenitoriVerdini non litigherebbero, magari si sentirebbero un po’ sollevati, magari li potrei aiutare con le nonne. Magari.
Potrei raccontarti che NonnaLea, la nonna di Alby, è scivolata in un sonno senza fine. Così, senza preavviso alcuno. Il suo sorriso placido, talvolta vacuo e assente, talvolta limpido e sereno, non c’è più. Proprio ora che Alby e sua moglie aspettano un bimbo e ci tenevano così tanto a farla diventare bisnonna. E io, inevitabilmente, mi sono chiesta come starò, quando sarà il sorriso di una delle mie nonne a volare lì, dove non potrò vederlo più.
Potrei spiegarti che in ufficio sono inquieta, intrappolata in un ruolo che non mi piace, che limita le mie ambizioni e che mi lascia ogni giorno un po’ meno orgogliosa di me stessa. E che tutto questo è svanito in un attimo. È bastata una mail. Quando ho letto che Lui, con cui ho scherzato sempre tanto al telefono e che mi scriveva mail di lavoro alle ore più impensabili della notte, è in coma per un brutto incidente mi sono ricordata di quanto siamo piccoli e insignificanti. E di quanto banali siano tutte le mie paturnie.
Potrei raccontarti di come mi son sentita quando ho saputo che una coppia di amici si sono lasciati, e in un batter di ciglia ho rivissuto quel pomeriggio in cui in lacrime Millebolle mi ha portato via dalla NonCasa.
Però potrei anche annunciarti felice di essere stata invitata ad un matrimonio che si terrà tra pochi mesi, di cui sono enormemente contenta perché dimostra come le persone che si amano davvero incontrano delle difficoltà, a volte perdono la strada ma si ritrovano e costruiscono progetti per un futuro d’amore.
Potrei raccontarti che lunedì Bollicina mi ha regalato un mazzo di profumatissime mimose, nonostante sia un fiore che lei non ama, perché sa quanto invece io ci tenessi. E di come questo gesto affettuoso mi abbia riempito il cuore di calore, e reso l'inizio settimana colorato.
Potrei confessarti di aver passato un martedì sera meravigliosamente improvvisato. Di essere andata in un locale tipicamente genovese con Bollicina e aver conosciuto MrFrank, sensibile, arguto e franco. Di aver parlato con leggerezza di cose per me tutt’altro che leggere e di essermi vista per un attimo con gli occhi degli altri. E, te lo dico con una punta d’orgoglio, dovrei ricordarmi un po’ più spesso chi sono. Ci siamo pure concesse un dopo aperitivo a teatro, a vedere una performance scritta da Benni e interpretata da una straripante Angela Finocchiaro, durante la quale abbiamo mangiato Mikado e Twix senza ritegno, mentre pensavo che sarebbe stata una serata perfetta anche per te, che non mi lasci mai sola in questi peccati di gola.
Potrei raccontarti di aver pranzato con SfegatatRugbista, di aver particepato al ginenceo venerdiano da Yuan e di essere andata anche in un locale nuovo, dove ho espresso un desiderio ed assaggiato i ravioli al brasato.
Potrei, ma sai che c'è.
Io ora ti chiamo e non ti racconto niente, ma faccio parlare te.
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